Dizionario del cringe: i termini moderni che usiamo (e che dovremmo bruciare)

Se sei un’agenzia che gestisce i social, come noi, devi avere questi termini tatuati nel cervello. Non perché siano poesia, ma perché i clienti parlano questa lingua: un mix di slang da TikTok, meme e crisi esistenziali. Per creare contenuti che spaccano, devi sapere cosa significa “ghostare” o “flex” senza doverlo cercare su Google come un boomer. Conoscere questi termini non è solo una questione di stile, è sopravvivenza: se non capisci il linguaggio dei tuoi follower, sei fuori dal gioco prima ancora di iniziare. Ma tranquilli, vi guidiamo noi in questo circo di parole assurde, con una dose di risate e un po’ di verità scomode. Ecco i 10 termini moderni che definiscono la nostra epoca, con tutto il loro carico di cringe e genialità. Preparatevi a ridere, incazzarvi o riconoscervi (e poi negarlo).

1. Ghostare: L’arte di sparire come un idiota

Definizione: Smettere di rispondere a messaggi, chiamate o segnali di fumo senza dare spiegazioni, come se fossi stato rapito dagli alieni.
Esempio: “Mi ha ghostato dopo tre uscite, ma l’ho visto su Instagram a mettere like a foto di gatti. Che coraggio.”
La verità scomoda: Ghostare non è una strategia da ninja, è solo il modo in cui i codardi dicono “non ho le palle per dirti che non mi interessi”. Invece di scrivere un messaggio di due righe, ti lasciano a fissare lo schermo come un cane che aspetta il padrone. E poi si lamentano quando li ghosti tu. Patetici.
Proposta ribelle: La prossima volta che qualcuno ti ghosta, mandagli un messaggio vocale di 30 secondi con te che ridi come un maniaco e poi bloccalo. Gioco, set, partita.

2. Cringe: Quando il tuo imbarazzo diventa un evento olimpico

Definizione: Quel brivido di disagio che provi quando vedi qualcosa di così imbarazzante che vorresti scavarti una fossa. Tipo tuo zio che balla Despacito a un matrimonio.
Esempio: “Ho guardato il suo reel dove prova a fare un tutorial di trucco. Cringe puro.”
La verità scomoda: Chiamare qualcosa “cringe” è il nostro modo di dire “mi fa male l’anima a guardarlo” senza ammettere che siamo tutti un po’ cringe. Tipo quando posti una stories con un filtro a cuoricini e pensi di essere figo. Spoiler: non lo sei.
Proposta ribelle: Organizza una “cringe night” con gli amici: ognuno porta un video imbarazzante di sé stesso e vince chi fa urlare di più gli altri. Premio: un pacco di patatine.

3. Flex: Mostrare i muscoli (o il portafoglio) senza motivo

Definizione: Vantarsi di qualcosa in modo sfacciatamente esagerato, spesso su social media. Tipo postare una foto con la tua nuova macchina e la caption “Just another day 😎”.
Esempio: “Ha fatto flex su Instagram con il suo nuovo Rolex, ma vive ancora con la mamma.”
La verità scomoda: Il flex è il grido disperato di chi ha bisogno di conferme esterne per sentirsi vivo. È come urlare “Guardatemi, sono importante!” mentre dentro stai piangendo perché hai dimenticato come si vive senza Wi-Fi. I flexer sono ovunque, e il loro sport preferito è fingere di avere una vita perfetta.
Proposta ribelle: Fai un post di anti-flex: posta una foto del tuo pranzo schifoso con la caption “Flexing my avanzo di pasta di ieri 🍝 #NoFilter”. Rideranno tutti.

4. Simp: Il cavaliere bianco dei social media

Definizione: Una persona che fa di tutto per conquistare qualcuno online, spesso in modo servile e imbarazzante.
Esempio: “Gli ha scritto poesie nei DM per tre mesi senza mai avere una risposta. Simp livello pro.”
La verità scomoda: Essere un simp non è solo disperazione amorosa, è un’epidemia culturale. È quella vocina che ti dice “Se le faccio un favore, magari mi noterà!” No, caro, non funziona così. La gente vuole autenticità, non un tappetino umano. E poi, i simp sono i primi a lamentarsi di essere “friendzonati”. Sveglia: non sei un cavaliere, sei un zerbino.
Proposta ribelle: Scrivi un messaggio pubblico a un simp e digli: “Smetti di essere un simp e fatti una vita. Con affetto, il tuo hater.” Poi bloccalo e ridi.

5. Stan: L’ossessione che diventa religione

Definizione: Essere un fan accanito di una celebrità, un personaggio o una causa, al punto da perdere ogni senso di razionalità.
Esempio: “È uno stan di Elon Musk, ha comprato una Tesla solo per twittargli ‘Grande Elon!’ ogni giorno.”
La verità scomoda: Gli stan sono la prova che l’umanità ha un bisogno patologico di idoli. Non è solo tifo, è una crociata: difendono il loro idolo come se fosse la loro mamma, anche quando fa cazzate galattiche. Tipo, davvero, stai difendendo un tizio che twitta meme schifosi alle 3 di notte? Svegliati, il tuo stan-idolo non ti manderà un invito a cena.
Proposta ribelle: Fai un post parody di uno stan, tipo: “Ho tatuato il logo di [celebrità a caso] sul braccio, chi è con me? 😍” Poi guarda i commenti esplodere.

6. Yeet: Il grido di battaglia per lanciare roba (e buon senso)

Definizione: Esclamazione usata quando lanci qualcosa con forza o entusiasmo, o quando vuoi liberarti di un problema. Anche usato come verbo: “yeetare” qualcosa.
Esempio: “Ho yeetato il mio vecchio telefono nel cassetto quando ho preso l’iPhone nuovo.”
La verità scomoda: Yeet è il suono che fa il tuo cervello quando decidi di smettere di pensare. È l’equivalente verbale di buttare tutto all’aria e dire “fanculo”. Ma diciamocelo, è anche liberatorio: chi non ha mai voluto yeetare una riunione noiosa o un ex tossico? Il problema è che ora lo usiamo per tutto, tipo “Ho yeetato la mia dieta mangiando un kg di Nutella.” Cresci, amico.
Proposta ribelle: Filma un reel in cui “yeeti” oggetti assurdi (tipo un calzino o una ciabatta Hawkins: “Vabbe’, non proprio. Ma l’ho yeetato nel dimenticatoio.”

7. Clout: La valuta immaginaria dei social

Definizione: Influenza o popolarità sui social media, spesso misurata in like, follower e cuoricini.
Esempio: “Ha fatto un video virale solo per il clout, ma ora lo chiamano ‘il tizio della danza con la scopa’.”
La verità scomoda: Il clout è come il Sacro Graal dei social: tutti lo vogliono, nessuno sa esattamente cos’è. È quella sensazione di essere “qualcuno” perché hai 10k follower, ma in realtà stai solo urlando nel vuoto digitale. I clout-chaser farebbero qualsiasi cosa per un po’ di attenzione, anche fingersi esperti di criptovalute o postare foto del loro cane con occhiali da sole. È triste, ma anche un po’ divertente.
Proposta ribelle: Crea un account fake per postare contenuti volutamente schifosi e vedi quanto clout riesci a guadagnare prima che ti bannino. Caption: “Clout is my cardio.”

8. Salty: Quando sei incazzato ma in modo extra

Definizione: Essere arrabbiati o risentiti in modo particolarmente drammatico, spesso per qualcosa di stupido.
Esempio: “È super salty perché il suo ex ha postato una foto con la nuova ragazza.”
La verità scomoda: Essere salty è come marinare nella tua stessa rabbia. È quando sei così incazzato che trasformi un piccolo torto in un dramma da Oscar. Tipo, sei salty perché qualcuno ha preso l’ultimo cornetto al bar? Smetti di frignare e vai avanti. Ma ammettiamolo, essere salty è anche un’arte: ci vuole talento per trasformare un like mancato in una faida familiare.
Proposta ribelle: Scrivi un tweet pubblico in cui dichiari di essere “salty” per qualcosa di ridicolo, tipo “Chi ha mangiato il mio yogurt in frigo?” e guarda quante risposte ottieni.

9. Tea: Il gossip che scotta

Definizione: Pettegolezzi succosi, notizie scottanti o verità nascoste che tutti vogliono sapere.
Esempio: “Hai sentito il tea? Pare che Marco abbia ghostato Laura per una tizia di Tinder!”
La verità scomoda: Il tea è il carburante delle conversazioni moderne. Non è solo gossip, è un rituale sociale: chi non ama sedersi con un caffè e spettegolare su chi ha fatto cosa? Il problema è che il tea spesso è solo un mucchio di cazzate amplificate, tipo “Ho sentito che ha lasciato il lavoro per vendere candele profumate online.” E tu ci credi pure.
Proposta ribelle: Inizia un thread su Instagram con un finto “tea” assurdo, tipo “Il mio capo è un alieno, passatemi il numero di Elon Musk.” Poi nega tutto.

10. Lowkey: Fare le cose di nascosto, ma non troppo

Definizione: Fare o dire qualcosa in modo discreto, senza attirare troppa attenzione.
Esempio: “Sto lowkey cercando di imparare a ballare come Beyoncé, ma non ditelo a nessuno.”
La verità scomoda: Lowkey è la parola che usi quando vuoi sembrare modesto ma in realtà vuoi che tutti lo sappiano. È come dire “Non voglio vantarmi, ma ho corso 10 km oggi.” Smettila, lo sappiamo che stai flexando. È il modo più ipocrita di fare un flex, e lo adoriamo per questo.
Proposta ribelle: Posta una stories “lowkey” tipo “Non voglio dirlo, ma ho appena mangiato una pizza intera da solo.” Poi guarda i tuoi follower implorarti di raccontare di più.

Questi termini sono lo specchio della nostra epoca: veloci, appariscenti e un po’ vuoti. Ghostare, cringe, flex, simp, stan, yeet, clout, salty, tea, lowkey… sono parole che descrivono il nostro bisogno di sembrare fighi mentre navighiamo nel caos di internet. Per un’agenzia social, capirli è come avere la mappa del tesoro: ti permettono di parlare la lingua dei tuoi clienti, creare contenuti che colpiscono e non sembrare un dinosauro. Ma ammettiamolo, li usiamo tutti, e ci fanno ridere perché ci vediamo un po’ dentro. Quindi, la prossima volta che stai per ghostare qualcuno o fare un flex, fermati un attimo e ridi di te stesso. È la cosa più ribelle che puoi fare in un mondo che si prende troppo sul serio.

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