Duecento miliardi. Ogni giorno. Questa è la quantità di Reels che scorrono sui nostri schermi tra Instagram e Facebook. Un numero che sembra uscito da un sogno di marketing, ma che nasconde una storia ben diversa da quella che racconta.
Molti creator e aziende stanno scoprendo sulla propria pelle che questi numeri astronomici non si traducono automaticamente in successo. Anzi, spesso accade l’opposto.
Quando tutto è iniziato
Instagram ha lanciato i Reels nell’agosto 2020 con una promessa rivoluzionaria: chiunque, con qualsiasi numero di follower, poteva diventare virale se creava contenuti coinvolgenti. L’algoritmo non guardava la celebrità o la popolarità pregressa. Contava solo l’engagement.
Un ragazzo con 50 follower poteva superare influencer da milioni di fan semplicemente pubblicando il video giusto al momento giusto. Era il social media allo stato puro: meritocrazia digitale basata sulla creatività.
L’età dell’oro che non doveva finire
Il 2022 è stato l’anno magico. I Reels dominavano Instagram con numeri impressionanti: reach doppia rispetto agli altri contenuti, algoritmo dedicato, presenza garantita sia nel feed che nella pagina Esplora. Chi aveva capito il meccanismo per primo ha vissuto mesi di crescita che sembravano non dovessero mai finire.
L’engagement era del 22% superiore ai video tradizionali. Le aziende hanno iniziato a spostare budget interi sui Reels. I creator hanno abbandonato altri formati. Instagram aveva creato la sua gallina dalle uova d’oro.
Quando tutti vogliono la stessa cosa
Poi è successo quello che succede sempre quando una strategia funziona troppo bene: tutti l’hanno adottata. Oggi i Reels costituiscono il 38,5% dell’intero feed di Instagram. Non esistono più brand, influencer o utenti comuni che non li utilizzino.
Il risultato? Una saturazione che ha completamente ribaltato le carte in tavola. Quando tutti gridano contemporaneamente, nessuno viene sentito davvero.
I dati che fanno male
L’engagement medio dei Reels è crollato dall’1,66% del 2022 all’1,23% del 2023. La reach organica ha perso il 50% nello stesso periodo. Non sono errori di misurazione o fluttuazioni temporanee. È l’evoluzione naturale di un ecosistema saturo.
Instagram aveva bisogno di convincere gli utenti ad adottare i Reels per competere con TikTok. Obiettivo raggiunto. Ora quel boost artificiale non serve più, anzi potrebbe danneggiare l’esperienza utente. Il vantaggio competitivo si è dissolto.
Quello che rimane ancora in piedi
I Reels non sono morti, però. Mantengono caratteristiche strutturali che li rendono ancora superiori ad altri formati. Appaiono in diverse sezioni dell’app, beneficiano di un algoritmo che privilegia il tempo di visione, raggiungono sia i follower esistenti che potenziali nuovi utenti.
Ma ora conta la sostanza, non la forma. L’algoritmo del 2025 premia con precisione chirurgica tre elementi: tempo di visione effettivo, rapporto like/reach, rapporto condivisioni/reach. Ha smesso di regalare visibilità facile.
La qualità ha ripreso il controllo
Non più viralità casuale o trend copiati male. Le persone devono guardare i tuoi contenuti fino alla fine, apprezzarli abbastanza da mettere like, sentire il bisogno di condividerli con altri. È tornata la meritocrazia, ma su basi diverse e molto più esigenti.
Il nuovo gioco da giocare
La sfida oggi non è “come creo un Reel”, ma “come creo un Reel che qualcuno ricorderà tra 200 miliardi di opzioni quotidiane”. Una domanda che richiede risposte completamente diverse da quelle di tre anni fa.
Forse dovremmo smettere di rincorrere l’ultima tendenza e concentrarci su una domanda più semplice: perché qualcuno dovrebbe fermarsi a guardare proprio il mio video? In un mondo pieno di rumore, vince chi sa dire la cosa giusta nel modo giusto.
La democratizzazione dei Reels ha funzionato esattamente come doveva: ha livellato il terreno di gioco. Ora spetta a noi decidere come giocare questa nuova partita.