Chi oggi pronuncia “intelligenza artificiale” pensa subito ai chatbot, ai video deepfake o a ChatGPT. Ma dietro a tutta questa meraviglia moderna c’è una struttura fondamentale, elegante e potente: le reti neurali artificiali. No, non sono cervelli elettronici. E no, non stanno “pensando”. Ma sono la cosa più vicina che abbiamo mai costruito.
Che cosa sono, in parole povere?
Una rete neurale è un sistema ispirato, vagamente, al cervello umano. È formata da “neuroni” artificiali, piccoli nodi che ricevono input, li elaborano con semplici operazioni matematiche e li trasmettono ad altri nodi.
Immagina un’enorme sala piena di persone che fanno calcoli e si passano bigliettini. Alcuni scrivono, altri leggono, altri ancora dicono: “se questo è alto, allora fai così”. Tutti questi “biglietti” sono i dati che entrano, vengono trasformati e producono un risultato in uscita.
Un po’ di storia (ma non ti addormentare)
- 1943: McCulloch e Pitts inventano il primo modello di neurone artificiale. Semplice, ma rivoluzionario.
- 1958: Rosenblatt presenta il Perceptron. Può imparare! Ma… solo se i dati sono ben separabili.
- 1969: Minsky e Papert gli tirano una secchiata d’acqua fredda (matematica) e il campo entra in letargo.
- 1986: La retropropagazione (backpropagation) di Rumelhart, Hinton e Williams riaccende l’interesse.
- 2012: AlexNet schiaccia la concorrenza nell’ImageNet Challenge e segna il boom del deep learning.
Ma quindi, come “imparano”?
Le reti neurali imparano aggiustando i pesi tra i nodi in modo da ridurre l’errore tra ciò che producono e ciò che dovrebbero produrre. È come un musicista che si accorda continuamente: sbaglia una nota, ascolta, corregge. Alla lunga, suona da dio.
E oggi? Si chiamano Transformer
Dal 2017, le reti neurali più potenti e diffuse sono i Transformer. Creati da Google (paper: “Attention is All You Need”), hanno rivoluzionato il modo in cui l’AI tratta il linguaggio.
Funzionano così:
- Non leggono da sinistra a destra come noi.
- Guardano tutto il contesto in parallelo.
- Usano un meccanismo chiamato attention, che dice al modello dove “guardare” tra le parole.
Il risultato? Capiscono relazioni complesse, gestiscono testi lunghi, traducono, riassumono e rispondono alle tue domande con una naturalezza disarmante (se glielo chiedi bene, eh).
Ma sono vive?
No. Non provano emozioni, non capiscono davvero. Sono modelli statistici addestrati su quantità gigantesche di dati. Però… più crescono, più diventano convincente simulazione dell’intelligenza.
Le reti neurali sono nate dal sogno di replicare il pensiero umano. Oggi, con i Transformer, ci siamo avvicinati molto a qualcosa che sembra pensare. Ma ricordati sempre: dietro l’IA non c’è un’anima. C’è matematica. C’è calcolo. C’è un algoritmo… molto ben addestrato.