Snowflake Summit 2025: quando Sam Altman dice “just do it” e il mondo dell’AI si divide tra visionari e nostalgici

Cosa è lo Snowflake Summit e perché dovrebbe interessarci

Lo Snowflake Summit è diventato negli anni il Coachella dei data engineer, solo che invece di musica e polvere nel deserto, qui si parla di cloud, algoritmi e futuro delle aziende. Quest’anno, dal 2 al 5 giugno 2025, il Moscone Center di San Francisco ha ospitato oltre 12.000 partecipanti per quello che Snowflake stessa definisce il suo evento più grande di sempre.

Non stiamo parlando dell’ennesima conferenza dove si vendono sogni. Snowflake ha annunciato partnership con i big del settore, inclusa la sponsorizzazione ufficiale delle Olimpiadi LA28, e ha presentato una serie di innovazioni che promettono di cambiare il modo in cui le aziende gestiscono dati e intelligenza artificiale.

L’evento ha incluso oltre 500 sessioni, 200 partner in loco, 36 laboratori pratici e tre keynote principali. Ma il vero colpo di scena è stato il fireside chat del primo giorno: Sam Altman, CEO di OpenAI, in conversazione con Sridhar Ramaswamy, CEO di Snowflake. Due pesi massimi dell’AI che si confrontano davanti a una platea di CTO, data scientist e dirigenti aziendali tutti in cerca della prossima rivoluzione tecnologica.

Il tema centrale? Come le strategie di dati e AI non siano più due cose separate, ma le due facce della stessa medaglia. E quando Sam Altman prende la parola per dire cosa ne pensa dell’adozione enterprise dell’AI, beh, i fuochi d’artificio sono garantiti.

Sam Altman e la filosofia del “smettila di cincischiare”

Sam Altman al Snowflake Summit 2025 ha praticamente buttato lì una bomba e detto a tutti di smetterla di cincischiare con l’AI: “Just do it!” sembra lo slogan di una campagna Nike, ma in versione nerd. Tipo, “Smetti di filosofeggiare e inizia a codificare, bro!” E ha ragione, sai? In un mondo dove l’AI evolve più veloce di un teenager che cambia umore, chi si muove per primo e itera come un ossesso vince. Punto.

Le aziende che stanno ancora a chiedersi “ma sarà pronto per l’enterprise?” si ritroveranno a inseguire come un cane che corre dietro alla sua coda. Codex, quel software engineering agent di OpenAI, sembra il figlio illegittimo di un programmatore senior e un mago: Sam dice che cinque anni fa lo avremmo chiamato AGI e saremmo tutti svenuti dall’hype. Ora invece siamo lì a spostare l’asticella come se fosse un gioco di limbo cosmico. “AGI? Boh, forse fra un po’, ma guarda che roba figa che già facciamo!”

E quando Sarah Guo gli chiede cosa farebbe con 1000x più potenza di calcolo, Sam risponde come un vero ingegnere psicopatico: “Costruirei un modello ancora più fico e poi chiederei a lui cosa fare!” Cioè, questo tizio vuole fare il dogfooding dell’AI fino a creare una singolarità tecnologica in un loop infinito. Sridhar Ramaswamy, dal canto suo, è più il tipo da “curiamo il cancro”, ma Sam è proprio in modalità “facciamo un’AI che progetta AI che progettano AI”. E poi quel teaser finale: “I modelli dei prossimi due anni vi lasceranno a bocca aperta.” Ok, Sam, calma, che già stiamo cercando di non farci esplodere il cervello con quello che c’è ora!

Per chi se lo stesse chiedendo, AGI sta per Artificial General Intelligence, ovvero un’intelligenza artificiale capace di comprendere, imparare e applicare conoscenze in qualsiasi campo esattamente come farebbe un essere umano. Non stiamo parlando di ChatGPT che sa scrivere email o di Codex che debugga codice, ma di una macchina che potrebbe teoricamente fare tutto quello che facciamo noi, solo meglio e più velocemente. Il Santo Graal dell’AI, insomma.

Quando gli hanno chiesto dell’AGI, Altman ha schivato le definizioni rigide come un politico esperto. “Non si tratta di quando dichiariamo vittoria. Si tratta dell’esponenziale scioccantemente fluida su cui ci troviamo.” Ha fatto notare che se mostrassi ChatGPT a qualcuno del 2020, la maggior parte delle persone direbbe “quello è AGI, di sicuro.” Ramaswamy ha paragonato la questione a chiedere se un sottomarino nuota: tecnicamente assurdo, ma funzionalmente ovvio. Nel momento in cui chiameremo qualcosa AGI, avremo già spostato i pali. Di nuovo.

Ora, scusate, ma devo partire con un rant: questo discorso di “aspettative che si aggiustano” sull’AGI è il motivo per cui non avremo mai un momento alla “Eureka, eccola!”. È come rincorrere un arcobaleno: ogni volta che ti avvicini, si sposta. E mentre noi stiamo qui a discutere se Codex è un intern o un senior developer, le aziende che non si svegliano finiranno come i negozi di videocassette negli anni ’90: carini, nostalgici, ma irrilevanti.

Non parliamo di quelli che ancora pensano che l’AI sia solo per fare meme o chatbot che rispondono “riavvia il router”! Sveglia, gente, l’AI sta già scrivendo codice, analizzando dati e probabilmente pianificando la tua prossima vacanza meglio di te. Se non sali sul carro ora, fra due anni sarai lì a chiedere a un’AI di scriverti il CV perché il tuo lavoro lo sta già facendo un modello con 1000x più compute.

E Sam? Lui starà ridendo su una spiaggia, con un cocktail in mano, mentre il suo modello gli sussurra: “Boss, ho appena risolto la fusione nucleare, che faccio ora?”

il futuro è già qui, ma distribuito male

Lo Snowflake Summit 2025 ha messo sul tavolo una verità scomoda: l’AI enterprise non è più una questione di “se” ma di “quanto velocemente”. Le aziende che stanno facendo le prime scommesse e iterando molto rapidamente stanno andando molto meglio di quelle che aspettano di vedere come andrà a finire.

La differenza tra chi cavalca l’onda e chi la subisce si misura in mesi, non anni. Sam Altman ha paragonato l’AI di oggi a “un tirocinante che può lavorare per un paio d’ore”, ma prevede un futuro prossimo in cui l’AI assomiglierà a un lavoratore esperto o senior. La transizione non sarà graduale: sarà brutale per chi non è preparato.

Snowflake ha lanciato una serie di innovazioni durante il Summit: Snowflake Intelligence per analisti che possono interrogare dati strutturati e non strutturati in linguaggio naturale, Cortex Agents come piattaforma AI agente per dati enterprise, e Cortex AISQL che incorpora l’AI generativa nelle query SQL per l’analisi di dati multimodali. Non sono giocattoli: sono strumenti che cambieranno il modo in cui le aziende operano.

La lezione del Summit è chiara: l’AI non aspetta nessuno. Chi si muove ora ha un vantaggio competitivo che diventerà incolmabile. Chi aspetta “la versione migliore” si ritroverà a giocare un gioco che non capisce più, con regole scritte da macchine che pensano più veloce di lui.

La rivoluzione è già iniziata. L’unica domanda che rimane è: da che parte della storia vuoi stare?

Gianni Russo – Marketing Movers

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